2 dicembre 1971: viene approvata in Senato la legge sugli asili nido. Lo stato decide finalmente di istituire delle proprie strutture per venire incontro alle esigenze delle famiglie. In molte città d’Italia oggi si festeggia questo avvenimento, ma in realtà ancora si discute sulla qualità del servizio.
Quando ho mandato mia figlia al nido aveva appena quattordici mesi e mi sono sentita davvero male. Non avevo scelta però, perché io e mio marito non abbiamo nessuno che possa darci una mano. Certo, siamo stati fortunati. Non in tutti i paesi/città è facile entrare in graduatoria e spesso ci si trova di fronte a veri e propri paradossi.
Ricordo il colloquio preliminare. Le maestre erano gentilissime. Mi spiegarono che la precedenza andava alle mamme che lavoravano. Feci notare che non potevo tornare il lavoro se loro prima non accettavano la mia bambina. Per fortuna alla fine il posto c’era e non dovetti sgomitare con nessuno. Ci sono però ancora troppe mamme e papà che si trovano a fare i salti mortali.
Senza considerare altre riflessioni che mi vengono in mente: se fossero più tutelati i diritti delle mamme che lavorano, non ci sarebbe da sgomitare per i nidi. Idem se ci fosse la paternità obbligatoria.
E’ però importante considerare che i nidi non sono indispensabili solo quando entrambi i genitori devono lavorare, ma anche quando vogliono. Essere una mamma non significa non aver voglia di realizzarsi nella propria professione.
Certo, per me va tutelato sempre prima il bambino e dunque i primi mesi le attenzioni vanno a lui, ma successivamente potrebbe restare a casa con il papà. O trovare facilmente posto in un nido decente, in cui il rapporto tra maestre e bambini è quello corretto e i genitori non hanno il dente avvelenato dal continuo sgomitare per un posto o a causa delle rette troppo alte.
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