Le coppie fertili che corrono elevati rischi di mettere al mondo un bambino affetto da una malattia genetica, come talassemia o fibrosi cistica, potrebbero vedersi negata la possibilità di ricorrere alla fecondazione assistita. A stabilirlo sono le nuove linee guida del Ministero della Salute sulla legge 40 emanate dall’ormai ex sottosegretario Eugenia Roccella proprio un attimo prima della caduta del governo Berlusconi.
Più precisamente la legge, che regolamenta il ricorso alla fecondazione assistita nel nostro paese, prevede che possano farvi ricorso le coppie infertili e le coppie fertili in cui uno, o entrambi, i partner sono affetti da malattie infettive come AIDS ed epatiti B e C; non cita invece le coppie fertli in cui sono presenti malattie genetiche con elevato rischio di trasmissione alla prole le quali di fatto sono escluse dal ricorso a questa procedura.
Il divieto quindi esiste già ma a favore di queste coppie si sono però pronunciati diversi tribunali civili che hanno riconosciuto loro il diritto di mettere al mondo un bambino ricorrendo a tecniche di fecondazione in vitro. Ciononostante, la Roccella ha deciso di mettere nero su bianco il veto che la legge lascia trasparire solo tra le righe.
Recepita invece, nelle medesime linee guida, la sentenza della Corte Costituzionale del 2009 con la rimozione dell’obbligo di impianto unico e contemporaneo di tre embrioni. Sarà il medico a stabilire di volta in volta il numero di embrioni da formare e impiantare nella tutela della salute della donna.
Una decisione, quella relativa allo stop per le coppie fertili affette da malattie genetiche, che non ha mancato e non mancherà di suscitare polemiche ma che l’ex sottosegretario ha motivato così:
Le linee guida non possono modificare una legge e quelle dei tribunali sono sentenze che riguardano singoli casi. La legge 40 serve a dare la possibilità alle coppie infertili di avere figli con gli stessi criteri di quelle fertili quindi senza fecondazione eterologa e diagnosi pre-impianto
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