Fare un figlio nonostante la sterilità provocata dalla chemioterapia è possibile.
Alessandra l’ha fatto, grazie a un frammento di ovaia prelevato prima che lei iniziasse la terapia chemioterapeutica, che l’ha salvata da una grave forma di talassemia non più curabile per altre vie.
E’ rimasta incinta con una tecnica che può essere definita come autotrapianto ovarico, un’operazione che prevede un intervento preliminare e cioè il congelamento di una parte del tessuto ovarico (nel caso di Alessandra crioconservato per ben 8 anni) fino al momento della fecondazione artificiale.
In campo medico è stata davvero una vittoria: in Italia è il primo caso di fecondazione assistita di questo tipo (diverso per alcuni aspetti da quello precedente di Bologna, in cui non c’erano state le condizioni del prelevamento di tessuto follicolare nella donna che stava andando incontro a infertilità), importantissimo per il fatto di ridare una speranza di vita normale anche a persone che hanno già dovuto subire cure invasive in seguito a malattie molto pericolose e debilitanti.
Il caso di Alessandra è stato infatti presentato in moltissimi convegni sul tema fecondazione ed è stato ispirato alle tecniche belghe (dalle quali i medici hanno tratto le principali conoscenze) di congelamento di ovaie di donne, e specialmente di bambine, che per varie ragioni devono sottoporsi a terapie che compromettono seriamente la possibilità di avere una gravidanza.
I medici del Sant’Anna di Torino, affiliati al Progetto Fertisave intrapreso nel 2001 da Marco Massobrio, continuano a congelare tessuti ovarici di pazienti la cui fertilità è a rischio, con la speranza di attuare lo stesso metodo anche in altre occasioni e di riscontrare lo stesso livello di successo.
Alessandra è al quarto mese ora e sembra che la gravidanza stia procedendo senza complicazioni.
Continueremo a seguire il suo caso nella speranza di confermare il successo dell’operazione e di gioire per la nascita del suo bambino.