Torniamo a parlare di epidurale, come diritto sancito dal 2008 nei Livelli Essenziali di Assistenza (LEA) ma che sempre più spesso viene negato in molte strutture ospedaliere tale da rendere questa procedura medica un privilegio e non una prestazione che il Servizio sanitario nazionale è tenuto a fornire a tutti i cittadini.
Obbiettivamente si può discutere sui i pro e i contro dell’epidurale, si possono mettere in evidenza i rischi e i passi avanti, le possibili alternative, possiamo anche domandarci se sia una scelta competente al medico o alla partoriente, ma non bisognerebbe rendere questa pratica ad appannaggio solo di pochi.
Secondo un’indagine conoscitiva condotta nel 2008 dall’AAROI – Associazione anestesisti rianimatori ospedalieri – solo il 16% degli ospedaliavrebbe un servizio di anestesia epidurale 24 ore su 24, il 27% lo offre saltuariamente o con grossi limiti d’orario e nei giorni festivi.
Viene da chiedersi se queste differenze così strutturali siano dettate da una carenza di risorse e/o da un interesse economico. In molti casi infatti l’analgesia epidurale è somministrata previo pagamento di somme non certo a portata di tutte le tasche, in media dalle 600 fino a 1200 euro. Ecco perchè possiamo apostrofare l’epidurale come un diritto e un lusso per poche.
Un costo ingiustificato se pensiamo che all’estero l’epidurale è di norma una pratica diffusa: dal 60% delle partorienti spagnole, dal 70% di quelle francesi e inglesi, il 30% dalle tedesche e addirittura in 90% negli Stati Uniti (paese leader del nursing).
Eppure il sistema sanitario nazionale è stato tra le prime al mondo ad introdurre tecniche moderne come il PIEB – Programmed Intermittent Epidural Boluses (Somministrazione a boli intermittenti programmati) e il PCEA – Analgesia Epidurale Controllata dalla Partoriente. E dove questo servizio è gratuito, in primis le Regioni Lombardia, Veneto ed Emilia Romagna, circa il 90% delle partorienti ne fanno richiesta, soprattutto perchè il servizio è garantito 24 ore su 24.
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