La dislessia è un disturbo specifico dell’apprendimento che consiste nella difficoltà di lettura corretta e fluente; nel nostro paese si stima che ne sia affetto il 4% dei bambini. Il problema emerge solitamente intorno ai 5-6 anni di età, ovvero quando il piccolo fa il proprio ingresso alle scuole elementari e mostra per la prima volta evidenti difficoltà di apprendimento legate a lettura e scrittura pur presentando uno sviluppo emotivo ed intellettivo del tutto nella norma.
Il bambino affetto da dislessia specifica infatti non mostra alcun deficit intellettivo ma un differente funzionamento delle capacità cognitive legate alle abilità di lettura e scrittura. Inoltre, contrariamente a quanto si credeva un tempo, la dislessia non origina da disagi di tipo psichico nè, meno che mai, è da attribuire a pigrizia o svogliatezza; pare piuttosto sia legata ad alterazioni neurobiologiche a carico delle aree cerebrali coninvolte nei processi di lettura.
Come abbiamo già avuto modo di dirvi, il bambino dislessico ha ottime capacità di recuperare, soprattutto se la diagnosi è precoce e l’intervento di riabilitazione è tempestivo; in alcuni casi inoltre si verifica un recupero anche in assenza di interventi riabilitativi di qualunque tipo. Come questo sia possibile ce lo spiega in questi giorni un gruppo di studiosi giapponesi, la cui ricerca è stata pubblicata su Proceedings of the National Academy of Sciences, secondo i quali i bambini che presentano una maggiore attività cerebrale a livello dell’emisfero destro hanno maggiori possibilità di guarire rapidamente.
In che modo questo può giovare alla cura della dislessia lo spiega al Corriere della sera Stefano Vicari, primario di neuropsichiatria infantile all’ospedale Bambino Gesù di Roma
Individuare chi ha maggiori potenzialità di compensare la dislessia sarebbe molto utile, soprattutto se riuscissimo a distinguere chi recupera spontaneamente da chi invece ha bisogno di una riabilitazione. A oggi non esistono strumenti efficaci per prevedere come evolverà un dislessico, ma se li avessimo potremmo “mirare” meglio gli interventi rendendoli più efficaci
Rimane sempre valida l’esortazione rivolta ai genitori di affrontare la situazione con pazienza e amore. Spesso il vero problema dei bambini dislessici è la frustrazione che deriva dall’insuccesso scolastico del quale non sono responsabili ed è fondamentale che mamma e papà li sostengano e li incoraggino. Se l’autostima del bambino rimane salda, il problema dislessia è neutralizzato.
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