Dopo la bocciatura da parte del TAR delle direttive della Regione Lombardia sull’attuazione della legge 194, che garantisce il diritto di aborto alle donne italiane, si torna a parlare di interruzione volontaria di gravidanza. Stavolta è lo stesso ministero della salute a rilanciare il tema attraverso l’annunciata volontà di abbassare il limite di ventidue settimane per il ricorso all’aborto terapeutico, senza però intaccare l’impianto attuale della legge.
Si tratterebbe in altre parole di far approvare, fermo restando il consenso unanime dei governatori, delle nuove linee guida in conferenza Stato-Regione. Le polemiche si preannunciano, come sempre, roventi ma, come afferma il sottosegretario alla Salute Eugenia Roccella, il nuovo limite verrebbe largamente accettato e condiviso dalla comunità scientifica, a prescindere dalle posizioni ideologiche individuali, forte dei progressi della medicina che assicurerebbero ai piccoli maggiori probabilità di sopravvivenza.
La legge 194 è stata approvata nel maggio del 1978. Contrariamente a quanto si può pensare, a partire dalla sua attuazione il numero di aborti nel nostro paese è diminuito; questo perchè se da un lato la legge pone le madri davanti alla possibilità di una scelta più consapevole e responsabile, dall’altro ha istituito contestualmente i consultori familiari, strutture territoriali dove ancora oggi le donne possono ricevere direttamente assistenza medica e psicologica gratuita e presso le quali molte di noi hanno ricevuto informazioni utili al controllo delle nascite.
Strutture a mio parere indispensabili che sarebbe doveroso rilanciare e potenziare.
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